Claude Raffestin: fabbricare territori ricercando l’autonomia

Nella notte del 25 settembre nella sua casa di Superga, a Torino, si è spento all’età di 89 anni il geografo Claude Raffestin. Oltre che al Dipartimento di geografia e all’Istituto di architettura dell’università di Ginevra, aveva insegnato all’Università di Laval, in Canada, e al Politecnico di Torino. È stato anche un apprezzato membro della Commission d’urbanisme del cantone di Ginevra, nonché direttore del Centro di ecologia umana, che aveva contribuito a fondare, e vice-rettore dell’Università.

Raffestin ha sempre guardato a sud delle Alpi, e al Ticino in particolare, con simpatia e ha intrattenuto con i geografi ticinesi legami di amicizia. Nei primi anni Duemila aveva pure insegnato all’accademia di Architettura di Mendrisio tenendo due diversi corsi, uno di introduzione alla geografia per gli architetti intitolato “Sintassi geo-mito-logiche” e un secondo dedicato al paesaggio dal titolo “Geografia, Scienze umane e paesaggio: per una teoria e una pratica”. Sempre molto generoso con i geografi ticinesi che hanno avuto l’onore di ospitarlo a più riprese per lezioni e conferenze e che hanno potuto pubblicare nella loro rivista i suoi scritti: un suo testo dedicato all’epistemologia della geografia (Une épistémologie du dialogue avec le réel, in InfoGEA n. 9/2000), uno scritto su Eugenio Turri (Eugenio Turri, antropologo sensibile del paesaggio, in Il senso dell’ospitalità,  2006), nonché un denso testo sulla costruzione geografica dell’Europa (Quels critères pour une géographie del l’Europe?, in GEA paesaggi territori geografie, n. 34/2016).

Nel corso della sua lunga carriera accademica Claude Raffestin ha prodotto una profonda riflessione sui concetti di territorio e di territorialità e ha portato un contributo fondamentale alla costruzione di una geografia del potere, dell’ecologia umana, così come di una nuova geografia del paesaggio (quando questo concetto stava ritornando sulla scena). Per la loro potenza, i concetti da lui forgiati mantengono un grande potere creativo. Con i suoi strumenti teorici egli ha sovente indagato il mondo alpino, la Svizzera, la questione delle frontiere, le realtà urbane e le questioni pianificatorie. Non è possibile – e probabilmente nemmeno pertinente – cercare di sintetizzare in questo momento un discorso complesso e articolato quale il suo, anche perché, come lui stesso faceva osservare, come un pittore sulla tela, procedeva per “pennellate successive” ritornando a più riprese sullo sviluppo di determinati temi e concetti con grande coerenza. Per la sua predisposizione a discostarsi da una visione ortodossa, egli ha definito la sua geografia come géographie buissonnière (termine che richiama l’école buissonnière, il marinare la scuola), poi divenuto il titolo di un volume del 2016 che raccoglie una serie di suoi articoli. La sua opera ha suscitato particolare interesse nel mondo italofono (ricordiamo i suoi legami con Franco Farinelli, Angelo Turco, Giuseppe Dematteis e altri ancora), iberico e latino-americano (è stato tradotto in spagnolo e portoghese), anche se, solo recentemente, è stata scoperta dai geografi anglosassoni.

Le riflessioni di Claude Raffestin sfociano nell’ambizioso progetto di comprendere quella che già Eric Dardel all’inizio degli anni Cinquanta chiamava “geograficità” e che Kant, a suo tempo, evocava senza peraltro utilizzare questo termine. Benché il geografo ginevrino si collochi tra i pensatori critici e dai forti interessi epistemologici, non è possibile catalogare il suo pensiero all’interno di una precisa scuola (in senso generale possiamo evocare la geografia sociale). Nella costruzione del suo pensiero Raffestin non ha fatto riferimento solo alla produzione culturale della geografia ma, facendo capo alla letteratura, alle scienze umane e alla filosofia, ha adottato un approccio esternalista. I linguisti Prieto, Griemas, Barthes e Luhmann, i filosofi Heidegger, Bachelard, Levebvre, Moscovici e Foucault, quest’ultimo importante soprattutto per la costruzione della sua geografia del potere (tra l’altro Pour une géographie du pouvoir, testo del 1980, subito tradotto ini italiano, è stato recentemente ripubblicato sia in francese sia in italiano), sono stati per lui un riferimento. Tra i geografi, egli ha poco citato i suoi contemporanei ma ha molto ammirato autori importanti della storia del pensiero geografico quali Alexander von Humboldt, Eric Dardel, George Perkins Marsh e, soprattutto, Elisée Reclus. Il suo pensiero si inserisce nel grande tema dell’abitare, un oggetto eminentemente geografico. Per Raffestin ciò che appare veramente centrale all’interno di questo tema è la questione dell’autonomia,vale a dire la capacità di un gruppo, o di un individuo, di determinare liberamente le regole e i valori che regolano le dinamiche tra società e territorio, nonché la possibilità dei soggetti di interagire in modo libero e aleatorio con l’ambiente fisico e l’ambiente umano. Come per Reclus, la sua visione della territorialità umana comprende l’autodeterminazione e la libertà che un gruppo o un individuo riesce a generare.

Anche i piccoli eventi della vita cittadina suscitavano l’interesse e curiosità di Claude. Amava, per esempio, frequentare il mercato interculturale di Porta Palazzo a Torino, dove regolarmente si intratteneva con i venditori, o il Marché aux puces di Ginevra, dove tra le bancarelle riusciva a scovare rare pubblicazioni geografiche. Claude un intellettuale, sempre signorile nei modi, elegante nell’espressione e nella scrittura, che sapeva affascinare i suoi studenti e i suoi interlocutori. Siamo infinitamente riconoscenti per quanto ci ha dato.

Claudio Ferrata