Da Timbuctu alla Città Ticino, vent’anni di cultura geografica

Il 25 aprile 2015 GEA-associazione dei geografi ha festeggiato i suoi 20 anni. Giocando sul fatto che, storicamente, la geografia è legata alla scoperta e al viaggio, e sul fatto che l’idea di costituire una società geografica è nata in occasione di un viaggio sul fiume Niger, la giornata è stata intitolata Da Timbuctu alla Città Ticino, vent’anni di cultura geografica.

Il termine di Città Ticino presente nel titolo rimanda poi alle preoccupazioni contemporanee a riguardo dello sviluppo territoriale e della sua gestione. La giornata, seguita da un pubblico molto numeroso, è stata l’occasione interrogarsi con i numerosi ospiti svizzeri e stranieri su alcuni temi: quale deve essere il ruolo di una società di geografia in un mondo in costante mutamento? Quali sono le professionalità del geografo? Come si presenterà il Ticino tra 20 anni?

Oltre al bilancio di 20 anni di attività pubbliche e di pubblicazioni (rivista, atti di convegni, ecc.), dalla giornata è emersa l’immagine di una disciplina aperta sulla società civile, sulla gestione dei processi territoriali, sui temi dello sviluppo. Il geografo è nel contempo uno specialista e un generalista del territorio, capace di adottare una lettura transcalare dei problemi, in grado di interagire in un ambito pluridisciplinare e di produrre informazione “regolatrice” e “di contesto”, quel tipo di informazione che oggi purtroppo manca in alcune delle nostre università.

Nel corso della giornata si sono così susseguite tavole rotonde e conferenze plenarie. Nella tavola rotonda dedicata al tema “Quale ruolo per una società di geografia nel mondo che cambia?” i rappresentanti delle associazioni geografiche svizzere e italiane, hanno tematizzato passato, presente e futuro delle società di geografia. In “professione geografo” si è ragionato sul “grado di utilità” del sapere geografico. Se, nel corso della sua storia, la geografia ha fornito conoscenze utili per portare avanti determinati interessi, per esempio funzionali allo sfruttamento coloniale, oggi la geografia è “orientata sui problemi” e coinvolta nei progetti di società. I profili di formazione dei geografi sono ora ben delineati (per esempio in materia di urbanistica o di gestione delle risorse ambientali) e le competenze tecniche e operative che questi acquisiscono sono sorrette da una seria base teorica. Del laureato in geografia viene particolarmente apprezzata la capacità di pensare in termini critici e di saper valutare, in modo concreto, ma sempre supportato, situazioni complesse. Nel dibattito è comunque emersa la necessità di meglio presentare la professione di geografo, ancora non sufficientemente conosciuta al di fuori degli addetti ai lavori.

Due decenni costituiscono una durata di tempo ragionevole per tentare di produrre alcune immagini del futuro. La tavola rotonda “Ticino 2035” ha cercato di delineare le traiettorie che potrebbe seguire lo sviluppo della regione ticinese e di precisare le modalità di adattamento alle trasformazioni che si presenteranno nel prossimo futuro. Si è parlato di “progetti trainanti”, di Ticino come quartiere verde e “a misura di deambulatore” della metropoli svizzera, del tema dei paesaggi periferici abbandonati e di come utilizzare la nozione di ”antifragilità” (N. Taleb) per gestire un futuro incerto.

Due conferenze plenarie hanno rispettivamente chiuso la mattinata e aperto il pomeriggio. Marco Aime, nella sua bella relazione “Timbuctu, 20 anni dopo”, ha parlato di questa città situata ai limiti del deserto, un tempo capitale culturale, poi area marginale e ora entrata nelle reti del terrorismo internazionale e del traffico di droga. Infine, Jean-Bernard Racine, professore emerito dell’Università di Losanna e premio Vautrin Lud (l’importante riconoscimento internazionale attribuito annualmente, in relazione con il Premio Nobel di Stoccolma), nella sua conferenza “Sapere geografico e ‘savoir-faire’ dei geografi in divenire”, evocando gli studi e i recenti dibattiti, ha delineato la direzione presa dalla ricerca geografica. Egli ha portato al centro dell’attenzione la questione dell’urbanità, la necessità nella ricerca di decostruire i discorsi dell’”urbanistica seduttiva” e di portare attenzione alle “fragilità urbane” (sociali e ambientali) proponendo una “etho-geografia”, una geografia dalle dimensioni etiche.