Intervista alla geografa Alma Sartoris

Cooperazione 9 ottobre 2018, intervista alla geografa Alma Sartoris

«Mettere ordine e valorizzare»
È dal 2008 che si è iniziato a progettare un parco del piano di Magadino. Ora è diventato finalmente una realtà. A colloquio con la direttrice e geografa Alma Sartoris, in carica da luglio, sul suo sogno di far convivere agricoltura, natura e svago.

Che effetto le fa il ruolo di direttrice di un Ente tanto atteso?
È una bella sfida, e si addice bene a una geografa, perché richiede competenze in ambiti diversi: agricoltura, svago, natura, mobilità, paesaggio, pianificazione del territorio. Ci sono molti progetti in ognuno di questi settori, e anche tanti interlocutori; incastrare tutto sarà una vera impresa, ma sarà affascinante.

Come sono stati i primi cento giorni?
Mi sono occupata di aspetti pratici quali mobili e contratti per la telecomunicazione e ho studiato tutta la documentazione. Non sono partita da zero perché, come consulente esterna, avevo collaborato nella fase di progettazione del parco. Ho avuto i primi incontri con gli attori sul territorio e stiamo impostando la strategia di lavoro per l’anno 2019. Una delle priorità è farci conoscere e spiegare cos’è l’Ente parco: stiamo preparando un sito internet e abbiamo lanciato un concorso di idee per il logo.

Ci sono altri progetti avviati?
A breve eseguiremo degli interventi su quattro biotopi di importanza nazionale per liberarli da vegetazione invasiva e ripristinare il loro carattere a zona umida adatta a piante indigene tipiche di questi ambienti. Inoltre, sosteniamo la realizzazione di una stazione della rete di bike-sharing del Bellinzonese a Gudo.

Perché, come ha detto, questa è una sfida da geografa?
Perché la geografia è una disciplina ponte che dialoga con altre discipline. Mette sotto la lente una situazione territoriale per capire come mai si è arrivati allo stato attuale, quali fattori sono entrati in gioco. Guarda insomma il dietro le quinte dell’evoluzione di un territorio, con il suo intreccio tra relazioni umane, dinamiche economiche e naturali.

È per questo che ha studiato geografia?
La passione per questa materia me l’ha trasmessa il mio professore di geografia del liceo, che ci ha avvicinato alla geografia umana, ponendo sempre la domanda: perché siamo giunti a questo punto? Un approccio meraviglioso che permetteva un dialogo con noi studenti, che potevamo avanzare ipotesi, risposte…

Ce lo racconta il Piano di Magadino con gli occhi della geografa?
È una pianura di origine glaciale che è stata modellata da una grande visione, quella di creare terreni fertili, ma dove in seguito è anche finito tutto quello che non ci stava altrove. Il Piano di Magadino è in perenne trasformazione, prima per le dinamiche naturali, poi per quelle umane in cui le tracce dei cambiamenti sono visibili all’occhio curioso. All’inizio c’era il fiume con le sue grandi divagazioni. Il primo grande progetto sul piano di Magadino è stato quello di correzione del fiume. Ora c’è una nuova visione, quella del Parco del Piano di Magadino, che vuole mettere un po’ di ordine, va- lorizzare e far conoscere i suoi angoli ancora ben preservati, togliere – dove possibile – le situazioni di degrado paesaggistico.

Questo Ente parco non arriva troppo tardi? È ancora possibile ripristinare le zone compromesse?
Non si arriva mai troppo tardi da nessuna parte. Si può iniziare prima e fare meno errori, ma si può anche partire da quello che c’è e fare un buon lavoro per migliorare la situazione e mantenere le qualità esistenti. Ci sono zone del piano dove non si sente alcun rumore, dove non si vedono né strade né piloni della luce, né capannoni, dove c’è una pace assoluta e si può godere di un bel paesaggio. È qualcosa che incanta.

Pragmatica, ma anche poetica… Quali saranno le linee guida dell’ente parco?
I temi principali sono tre: l’agricoltura, la natura e lo svago; poi le sinergie fra questi ambiti: ad esempio, le attività agrituristiche che contribuiscono alla scoperta e alla comprensione del settore primario e arricchiscono l’esperienza nel tempo libero. Poi ci sarà il lavoro di informazione e sensibilizzazione sui valori e i contenuti del parco, la progettazione della mobilità interna al parco con il potenziamento della segnaletica per escursionisti, ciclisti e cavalli; il miglioramento della qualità ambientale, per esempio per valorizzare i canali d’acqua esistenti; si creeranno delle piattaforme di scambio per affrontare alcuni problemi posti dalle aziende agricole e risolvere così i punti di attrito.

Gli agricoltori sono preoccupati per una erosione dei loro terreni?
Il punto forte del parco è proprio quello di avere delineato un confine chiaro e netto: all’interno del suo perimetro non ci saranno più zone abitative o industriali. Dunque, per l’agricoltura il parco rappresenta un traguardo importante.

Merito del Puc, il Piano di utilizzazione cantonale.
Sì, il parco nasce grazie al Puc, una sorta di piano regolatore sovracomunale, che tocca otto Comuni. L’Ente parco ha il compito di realizzare quanto contenuto nel Puc, approvato dal Gran consiglio nel 2014, elaborato con gli attori coinvolti, che contiene compromessi condivisi. Il mio compito è di attuare il Puc, tradurre cioè in pratica le sue 87 misure.

Come funziona e com’è finanziato l’Ente parco?
L’Ente parco è una fondazione in cui sono rappresentati gli otto Comuni toccati dal progetto, il Cantone, e le organizzazioni agricole, turistiche, di sviluppo regionale, ambientaliste. C’è un Consiglio di fondazione e un Comitato con cui lavoro in modo stretto. È finanziato dal Cantone al 60% e dai Comuni al 40%. Per il primo quadriennio sono previsti 6.2 milioni di franchi di investimento, di cui 3.7 milioni provenienti da Cantone e Comuni e 2.5 milioni da altri finanziamenti in parte ancora da cercare.

Ora il parco è solo sulla carta. Ce lo descrive nei suoi elementi principali?
Ha un’estensione di 2.350 ettari, ci saranno diverse porte d’entrata in prossimità di fermate ferroviarie e bus proprio per favorire l’uso dei mezzi pubblici da parte dei visitatori. Presso l’azienda cantonale Demanio agricolo a Gudo sarà creato il punto di accoglienza, con una mostra sul parco e degli spazi per organizzare eventi e animazioni.

Tanti attori coinvolti, 87 misure da realizzare: cosa la spaventa di più?
Beh, le 87 misure mi spaventano ab- bastanza, come anche gestire le richieste che cominciano ad arrivare da più parti. Vorrei essere flessibile e cogliere le opportunità quando si presentano, ma vorrei anche mantenere una linea d’azione.

E cosa la stimola?
Pensare che un giorno, quando saranno conclusi i primi progetti, potrò dire che è merito nostro, che tutto è cominciato con il Parco. Per me che ho finora lavorato a livello di pianificazione, avere la possibilità di realizzare ciò che altri hanno pensato e pianificato è una novità intrigante, una grande opportunità.

Paesaggio di qualità

Un’area di 2.350 ettari
Il piano di Magadino, con 3.500 ettari, è la zona pianeggiante più estesa del Canton Ticino. Su 2.350 ettari di quest’area è stato creato il Parco del Piano di Magadino, un paesaggio di qualità, dove agricoltura, natura e attività ricreative convivranno armoniosamente. Nato come Fondazione nel 2016, l’Ente parco è operativo dal 1° luglio con l’entrata in carica della direttrice Alma Sartoris, laureata in geografia all’Uni Zurigo. Sito internet e logo dell’Ente parco sono in allestimento.

Testo di Isabella Visetti
Foto di Melanie Türkyilmaz
Cooperazione 09 ottobre 2018